Start-up culturali: perché possono essere una risorsa per l’Italia

Una delle più grandi innovazioni nella legislazione delle imprese italiane è costituito dalle “start-up culturali”, ovvero una nuova figura societaria prevista da un progetto di legge di iniziativa parlamentare (A.C. 2950, assegnato alla VII Commissione Cultura della Camera dei deputati), che ha come oggetto sociale esclusivo e specifico la promozione dell’offerta culturale italiana, attraverso lo sviluppo, la valorizzazione, la produzione o la distribuzione di prodotti o di servizi innovativi ad alto valore tecnologico, anche mediante l’uso di nuove tecnologie e lo sviluppo di software originali, afferenti a uno o più dei seguenti ambiti:

– opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione (opere soggette alla protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio);

– il patrimonio culturale italiano, che è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici.

Per le start up culturali costituite per almeno l’80% da persone fisiche di età inferiore a 35 anni, il progetto di legge prevede l’esenzione dal pagamento dell’imposta di registro, dei diritti erariali e delle tasse di concessione governativa.

A favore di queste società, inoltre, il legislatore ha previsto l’attribuzione di un credito d’imposta nella misura del 65% a fronte dei costi ammissibili sostenuti, elevabile al 75% per le start up con sede in una delle regioni dell’Obiettivo Convergenza, per l’acquisto di software e di tecnologie innovative, la comunicazione web e relativa consulenza, l’iscrizione a una piattaforma di crowdfounding.

Con questa nuova veste giuridica molte attività potranno riuscire a trovare un equilibrio di efficienza economica, una volta approvato il disegno di legge la palla passerà agli imprenditori culturali.

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